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lunedì 4 agosto 2008

Giovani Capoverdiani intorno al mondo

Più si viaggia, più si conosce. La conoscenza è quello step che ti permette di non camminare ad occhi chiusi, di conoscere gli altri e di amarli oppure odiarli non per sentito dire, non per immagini stereotipate, ma perchè insieme a questi "altri" sono state vissute esperienze dirette che permettono di crescere nel giudizio vero e non creato virtualmente da altri... Benvengano dunque questi giovani capoverdiani che imparano a conoscere il mondo e a giudicarlo per quello che è, per diretta conoscenza in quanto per a favore del mondo hanno messo a disposizione le loro scarpe alate.

Diario dal Niger
di Catia dos Santos (26 anni)

agosto 2008

Niamey, Niger
, la mia prima esperienza di cooperazione, la prima volta nel Continente, nella terra ferma almeno. Un viaggio tanto agognato, un ritorno alla terra madre follemente animato dalla speranza di sentirmi a casa, vedere, conoscere e decidere.
Il primo impatto è quello dei colori familiari: la terra rossa del Sahel, sabbiosa o argillosa, sormontata da qualche arbusto che ripara dal caldo bianco del sole. E’ la stagione delle piogge che portano con sé una ventata d’aria fresca, un sollievo per le elevate temperature ma che allo stesso tempo rendono le strade non asfaltate impraticabili.
La prima cosa che si nota delle persone è la prontezza che hanno nell’offrire diversi servizi: dal trasporto delle valigie, all’apertura dello sportello, dalla vendita di carte telefoniche alla diretta richiesta, gentile ma insistente, di qualche spiccio da inviare al villaggio che in questo periodo dell’anno è bloccato dall’attesa del raccolto.
Mi è familiare la timidezza con cui inizialmente ti accolgono i Nigerini, ma altrettanto familiare la disponibilità che dimostrano poco dopo nel cercare di metterti a tuo agio. Non è caldo solo il clima, ma lo sono anche i contatti umani. Le persone sono vicine senza toccarsi fisicamente, soprattutto uomini e donne non imparentati come prevede il codice di comportamento islamico, e condividono quello che hanno, che sia un frutto o un bicchierino di the.
La cerimonia del the si apre al mattino con una piccola teiera e 4 bicchierini di vetro che vengono passati da persona a persona e trasportano nel corso della giornata un infuso di intensità sempre decrescente. I richiami del Marabou echeggiano durante tutta la giornata intonando versi del Corano anche al di fuori delle 5 preghiere canoniche e sono lanciati dagli altoparlanti installati all’esterno di ogni moschea e dalle radio sempre accese.

Le strade sono piene dei colori sgargianti degli abiti tradizionali Hausa, Zerma, Peul e dei colori pastello dei Tuareg (crema, celeste, rosa; il blu tipico è meno diffuso), interrotti da qualche jeans e maglietta aderenti. La vita è animata fin dalle prime ore del mattino: ovunque bambini che giocano, donne che preparano la colazione da vendere ai viandanti, uomini e donne in sella a biciclette e motociclette spesso rumorose, fuoristrada di qualche nigerino possidente e del personale straniero, taxi che sostituiscono i bus. L’uso del clacson è obbligatorio per chi vuole evitare di colpire pedoni che attraversano improvvisamente o motociclette che di sovente tagliano la strada, ma a volte è un segnale della precedenza: chi suona per primo passa.
Ai bordi della strada venditori di ortaggi e frutta , piccoli alimentari, Nescafé bar, negozi di telefonia, parrucchieri, filiali delle banche e giganteschi cartelloni della cooperazione internazionale primeggiano. Ai semafori ragazzi o bambini propongono le schede telefoniche, i fazzoletti o accompagnano un anziano non vedente. Quasi ogni crocevia è segnato da una caserma militare il cui numero identificativo è usato anche per designare i diversi quartieri.

E’ un posto calmo ma animato, silenzioso ma vociferante, ricco di visi sorridenti e manine pronte a muoversi in un ciao timido espresso principalmente in Zerma, Hausa e Francese.

No, non sono a casa mia, ma in quella dei vicini e sono contenta perchè avrò modo di conoscerli nell’arco di questi quattro mesi e rimuovere nel bene e nel male pregiudizi romantici o luoghi comuni fastidiosi che necessariamente accompagnano chi non vive la realtà dei Paesi africani ma l’immagine che di essi ne trasmettono membri della Diaspora, studiosi e mass media.

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Cooperazione internazionale

2005-2006:

Con la F.A.I (Fondo aiuti internazionali), Svizzera – ristrutturazione di 10 case per famiglie disagiate nella capitale capoverdiana, Praia. La realizzazione di questo progetto ha visto scendere in campo per la prima volta Tabanka onlus che ha potuto contare sul lavoro congiunto degli assessori del Comune di Praia. Le sinergie tra le parti ha portato alla realizzazione del progetto in meno di dodici mesi sotto la sorveglianza tecnica di un socio della onlus già presente sul territorio.

2006:

Con L’ISTITUTO DELLE COMUNITA’ a Capo Verde e il PROVINCIA DI ASCOLI PICENO - realizzazione di 2 progetti: laboratorio del cucito in S. TOME’ e PRINCIPE la costruzione di un pozzo d’acqua in Angola. I due progetti realizzati fuori da Capo Verde ha potuto contare comunque sull’aiuto di una struttura governativa capoverdiana come lo è l’ISTITUTO DELLE COMUNITA’ (IC) e sul Provincia di Ascoli Piceno. I due progetti sono stati indirizzati ad aree con un’alta percentuale di povertà e con una consistente presenza della diaspora capoverdiana.

2008:

Con la PROVINCIA DI VITERBO – realizzazione di 100 servizi sanitari per Praia. In un discorso di ammodernamento urbanistico, sociale e sanitario della Capitale, l’allora sindaco Filisberto Vieira chiedeva alle varie associazioni della diaspora un contributo economico da impiegarsi nelle varie famiglie con maggiori difficoltà economiche della capitale. Tabanka ha potuto contare sulla Provincia di Viterbo per la realizzazione del progetto.

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